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  • 20 Aprile 2024
  • Ultimo aggiornamento 16 Aprile 2024 12:31
  • Milano

Generazione Z: come è cambiata dopo la pandemia

Recenti studi mostrano come i consumatori digitali che hanno tra i 12 e i 27 anni hanno voglia di personalizzazione dei propri bisogni ma temono le violazioni della privacy e si sentono insicuri

Generazione Z: come è cambiata dopo la pandemia

Sono nati tra il 1995 e il 2010, sono nativi digitali e su di loro sono state fatte molte analisi pre-pandemia che ne studiavano i comportamenti e le modalità con cui avrebbero aggredito il mondo dei consumi. Sono i 2,7 milioni di individui che compongono la Generazione Z, ovvero quel 32% della popolazione che a livello globale muove 143 miliardi di dollari di consumi.

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È per questo che da tempo che sono al centro dell’attenzione di chi studia i comportamenti e i trend dei consumi. Ma negli ultimi tre anni molte cose sono cambiate. Lo sottolinea il centro studi di Eumetra MR che ha recentemente condotto un’analisi su di loro (10 mila interviste tra Italia, Francia, Germania, Uk e Spagna) e lo descrive molto bene anche GFK International in un’analisi di fine 2021.

LA PAURA DELLA PRIVACY VIOLATA

Secondo la rilevazione di Eumetra, fino al 2020 erano proprio i giovani della GenZ i paladini assoluti del rispetto della natura, votati all’indipendenza, al lavoro sicuro per una vita sicura. Oggi, forse spaventati proprio dalla pandemia, sono più centrati su loro stessi, sono arrabbiati per il tempo che hanno perso e che vogliono recuperare, si sentono affogare nell’incertezza e condividono con le generazioni più anziane la voglia di rispettare maggiormente l’ambiente. Per questo, anche in fase di consumo, hanno sempre più bisogno di indicazioni chiare, di cui fidarsi e che li rassicurino.

Una cosa è certa. Come fanno notare i ricercatori di GFK, la tecnologia ha rimodellato il consumo e la comunicazione di questa generazione. Visto il peso che hanno sulla società e l’importanza che danno alla responsabilità sociale (l’82% sostiene che è un tema da cui non può prescindere), è fondamentale che i brand creino prodotti o comunichino i loro valori in questa direzione.

Vanno rassicurati: sul fatto che ci sarà un’attenzione all’ambiente, ai diritti, e alla loro sicurezza anche in materia di protezione dei dati, un aspetto che li preoccupa molto e che si inizia a intravedere anche sui social che gestiscono in modo sempre meno attento e consapevole.

VOGLIA DI TECNOLOGIA E BISOGNO DI SICUREZZA

In questo bisogno di trasparenza, fiducia e vicinanza, i giovani della Generazione Z chiedono verità, sicurezza e responsabilità, e questo si riflette nel loro uso e consumo di tecnologia e beni di consumo. Il China Market Brief 2021 di GfK rivela che al 52% della GenZ piace l’idea di una tecnologia in grado di dare consigli personalizzati e il 75% è più propenso ad acquistare un prodotto se può costruirlo su misura. Ma proprio per questo, mentre i GenZ sono disposti a fornire i loro dati per una maggiore customizzazione, temono le frodi. Basti pensare che il 52% degli americani sostiene di aver deciso di non usare un prodotto o un servizio a causa delle preoccupazioni sulla privacy e su come possono essere tracciati.

Per esempio, secondo il rapporto Consumer Life Global di Gfk, i consumatori a livello globale hanno aumentato il livello di strumentazione digitale presente nelle loro case durante la pandemia. Ma l’84% di loro è preoccupato che i dispositivi siano vulnerabili agli hacker e il 37% ha cambiato le loro impostazioni di sicurezza proprio per questo motivo.

C’è dunque un enorme spazio per i brand per capire come affrontare questo paradosso tra la consapevolezza della Gen Z dell’importanza della sicurezza dei dati e come continuare a vivere la vita online. Anche perché presto sarà realtà il metaverso, in cui tutti potranno avere un proprio avatar e il mondo retail dovrà riuscire a creare un equilibrio tra personalizzazione e attenzione alla tutela dei dati, che la Generazione Z si aspetta.

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Giornalista, digital addicted, lavora sui contenuti per dare qualità ai prodotti editoriali che segue. Perché oggi più che mai la qualità di ciò che si racconta fa la differenza

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