L’Italia entro i prossimi 25 anni, dovrà riqualificare il proprio patrimonio immobiliare. È ormai una certezza. E se il Superbonus 110% ha portato con sé più polemiche che risultati, altri saranno i mezzi con cui raggiungere questo obiettivo, dato che il 36% delle emissioni di CO2 nell’ambiente, in Italia, sono prodotte dagli edifici e l’approvazione della Direttiva Case Green incombe. Il tema non può essere più rimandato.
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GLI OBIETTIVI IN EUROPA... E IN ITALIA
A oggi la situazione delle case italiane vede su circa 77 milioni di edifici, 36 milioni di abitazioni, delle quali la maggior parte “energivore” con prestazioni energetiche non soddisfacenti e che rientrano nelle classi più basse, F e G, considerate non più accettabili dai nuovi parametri della UE inseriti nella Direttiva Case Green che parlano di un valore medio pari almeno alla classe D.
I numeri snocciolati da Banca d’Italia in un suo recente report dal titolo “Il miglioramento dell’efficienza energetica delle abitazioni in Italia”, raccontano come il 36% delle emissioni di CO2 nell’ambiente, in Italia, siano prodotte dagli edifici. È chiaro che nel prossimo futuro sarà questo uno dei settori su cui lavorare maggiormente a titolo di politiche economiche, di incentivi e di sostegno alle famiglie, per spingere nella direzione della riqualificazione energetica.
Il programma dell’Europa è chiaro: entro il 2030 si dovrà ridurre del 16% il consumo di energia primaria degli immobili ed entro il 2035 alzare l’asticella al 22% per raggiungere la neutralità climatica per il settore edilizio entro il 2050.
LA SITUAZIONE ENERGETICA IMMOBILIARE ITALIANA
L’Italia deve riuscire a efficientare il proprio patrimonio immobiliare e per farlo dovrà ricorrere a strumenti di aiuto mirati, dando priorità alle famiglie a basso reddito. Gli obiettivi sono ambiziosi soprattutto se si tiene conto del fatto che 4,6 milioni di attestati energetici APE (Attestato di Prestazione Energetica), oggi obbligatori per la compravendita di qualsiasi immobile residenziale, ricadono nelle classi più basse (ma secondo Banca d’Italia ci sarebbero altri 9 milioni di edifici da attenzionare per un totale di oltre 13,5 milioni).
In Italia, il 54% delle abitazioni residenziali è nelle classi F e G mentre solo l’11% ha prestazioni energetiche eccellenti (cioè dalla classe A1 alla A4).
GLI INCENTIVI PUBBLICI E IL RUOLO DEI FINANZIAMENTI
A questo punto il prossimo passo spetta al settore pubblico che deve individuare incentivi adeguati e mirati, e poi alle istituzioni finanziarie (banche e enti diversi che erogano credito) che dovranno concedere strumenti di credito adeguati.
Nel documento preparato da Banca d’Italia si evidenziano gli step da seguire (fermo restando il bisogno di inserire incentivi che siano certi e stabili nel tempo) e di cui riportiamo i principali:
- La selezione dei beneficiari e degli immobili da agevolare dovrebbe essere tale da indirizzare le risorse prevalentemente alle famiglie bisognose (es. individuate in base all’ISEE) e, a parità di condizioni familiari, alle abitazioni meno efficienti in termini energetici, limitatamente a quelle che sono occupate per la maggior parte del tempo.
- In caso di abitazioni in affitto private, potrebbe essere valutata l’ipotesi di concedere incentivi fiscali rafforzati (ad esempio, forme di tassazione agevolata del canone) al raggiungimento di determinati livelli di efficienza energetica.
- In altri termini, l’intervento potrà risultare più facilmente addizionale se beneficerà i nuclei relativamente a basso reddito, per i quali il capitale da destinare all’investimento in efficientamento è assente e/o inaccessibile. In queste circostanze, favorire l’accesso al credito anche prevedendo la cessione dei benefici fiscali potrebbe risultare determinante per l’effettiva realizzazione dell’investimento desiderato.
- Per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica (ERP), il costo degli investimenti potrebbe essere integralmente o in larga parte sostenuto direttamente dalla proprietà pubblica mediante un fondo statale che cofinanzi gli interventi di riqualificazione, incluse le spese di progettazione.
Per quanto riguarda la modalità dell’intervento, come accade già in altri paesi, esso potrebbe articolarsi in un mix: alle detrazioni e ai crediti d’imposta (attualmente prevalenti in Italia) potrebbero essere affiancate forme di sussidio diretto e di sostegno all’accesso al credito.
I DATI CHE MANCANO
Uno dei problemi principali legato al tema del sistema di incentivi e sussidi anche finanziari per l’efficientamento energetico degli immobili, e che Banca d’Italia evidenzia in modo puntuale, è la carenza di dati. Sembra paradossale in un’epoca in cui i big data sono raccolti in grande quantità e rappresentano uno strumento di analisi predittiva imprescindibile, ma le banche e le finanziarie, non hanno a disposizione le informazioni necessarie e sufficienti su quelli che sono i consumi e le prestazioni energetiche degli immobili residenziali italiani. Questo rende difficile disegnare interventi specifici, in particolare per quanto riguarda gli aspetti quantitativi, e mappare su chi e dove andare a intervenire.
Un vulnus che probabilmente nei prossimi mesi andrà ulteriormente definito.