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  • 26 Aprile 2024
  • Ultimo aggiornamento 23 Aprile 2024 12:29
  • Milano

Consumatori e pagamenti elettronici: cosa manca

L’Italia è ancora indietro nel mercato dei pagamenti digitali. Pesano la poca educazione finanziaria, la popolazione anziana e il ritardo nella digitalizzazione. Tuttavia, a passo lento, si progredisce.

Consumatori e pagamenti elettronici: cosa manca

Poca educazione finanziaria, una popolazione anziana, un ritardo cronico nel livello di digitalizzazione anche da parte della pubblica amministrazione.

Sono le tre motivazioni principali che si nascondono dietro alla lentezza con cui in Italia si sta muovendo il mercato dei pagamenti attraverso carte elettroniche. E che posiziona il nostro paese come fanalino di coda nello scenario internazionale.

I NUMERI DEL MERCATO

Gli ultimi dati presentati nell’Osservatorio Carte di Credito e Digital Payments curato da Assofin, Nomisma e Ipsos con il contributo di Crif, parlano di una lenta crescita delle transazioni effettuate con metodi alternativi al contante: +6,8% nel 2018 che corrispondono a un +4,7% dei volumi.

L’uso delle carte di pagamento è in aumento, testimoniato dalla crescita del numero di transazioni pro carta e dalla contestuale diminuzione dell’importo medio transato che si attesta a 76 euro per le carte di creditonel 2018a conferma di un utilizzo più diffuso anche per acquisti di medio-basso valore.

La novità sta nel fatto che sebbene il contante continui a essere lo strumento di pagamento con maggiore diffusione in Italia, sta rallentando il ricorso ai prelievi che mostrava elevati tassi di crescita negli anni passati.

Il numero di prelievi che vengono effettuati presso sportelli bancari e Atm è infatti complessivamente diminuito e se si considera il contestuale aumento delle transazioni attraverso le carte di pagamento, si può dedurre una progressiva affermazione dell’utilizzo di pagamenti digitali.

UN MIGLIORAMENTO A OSTACOLI

Di certo, quello a cui stiamo assistendo, è un percorso positivo per quanto lento e irto di ostacoli: dai 130 miliardi di euro transati dal 2012 a oggi con carte di debito, di credito e prepagate, nel 2018 si è arrivati a 230 miliardi.

La cifra però è ancora molto bassa. Restiamo infatti fanalino di coda in Europa con una media di 1,4 carte a testa (nel 2017 erano 1,3) mentre anche nel piccolo Portogallo ne posseggono più di 2 a testa, fino ad arrivare alle 3 carte a testa degli americani e alle 5 dei cinesi.

Ma non solo. Ci posizioniamo in quint’ultima posizione anche per quanto riguarda il valore delle transazioni in rapporto al pil, pari all’11,4%.

COSA SERVE PER IL CAMBIAMENTO

In uno scenario così complesso, la progressione registrata è sicuramente importante e spinta da una famigliarità sempre crescente per il consumatore verso i nuovi smartphone, le app, la tecnologia contactless e, più in generale, i sistemi di mobile payment che stanno favorendo un primo salto culturale.

È questo infatti lo scoglio principale: la difficoltà ad effettuare il passaggio dal tangibile dei contanti all’intangibile delle carte, soprattutto per le generazioni meno digitali e più anziane, abituate a maneggiare denaro contante che fornisce la sensazione di maggiore controllo della spesa.

È un passaggio culturale che richiama il tema delle competenze digitali e il ritardo della digitalizzazione della nostra economia e che è strettamente legato anche al tema della formazione.

Per questo è necessaria un’educazione finanziaria rivolta non solo al consumatore ma anche al commerciante, su cui gravano ancora costi applicati a transazioni al di sotto di determinati importi, che frenano l’utilizzo delle carte di pagamento. Ma non solo.

A sollecitare maggiormente i consumatori può essere lo stimolo e, in parte, l’obbligatorietà all’uso dello strumento elettronico da parte della pubblica amministrazione.

Già oggi, per esempio, il fatto di dover iscrivere i figli a scuola attraverso una piattaforma digitale implica un passaggio culturale obbligato.

Se lo stesso sistema venisse esteso anche ad altri servizi l’effetto di diffusione culturale sarebbe sicuramente maggiore e il passaggio a un sistema di pagamenti elettronico più efficace.

contributor
Economista con esperienza in ambito creditizio, bancario e industriale, responsabile attività di ricerca e analisi settoriali in Nomisma. Gestione di Osservatori continuativi sui temi del credito, sistemi di pagamento e tematiche immobiliari.

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