È da almeno un decennio che l’innovazione tecnologica ha cambiato radicalmente il mondo del retail e la relazione tra chi vende e chi compra.
Ma è soprattutto negli ultimi anni che la trasformazione si è fatta sentire con maggiore impeto e velocità. È così che la metamorfosi della relazione venditore-acquirente ha iniziato ad abbracciare non più solo il punto vendita, ma tutta l’esperienza che riguarda l’incontro e la relazione tra i brand, le insegne e i consumatori.
Questo ha fatto sì che il punto vendita sia passato da essere un luogo di scambio economico (dove si va per comprare un prodotto) a un luogo dove si scambia un’esperienza di incontro con la marca o con quello che la marca porta con sé a livello di valori e significati.
In questa metamorfosi relazionale, sono stati tre i fattori determinanti: lo sviluppo tecnologico che ha portato all’omnicanalità, l’attenzione alla sostenibilità e il bisogno crescente dello storydoing.
LA TECNOLOGIA PERVASIVA
L’avvento di una tecnologia sempre più pervasiva nella vita delle persone ha sparigliato la filiera della modalità di acquisto.
In particolar modo la social economy dopo aver messo in crisi molti distributori, ha generato l’esigenza imprescindibile di un contatto diretto tra consumatore e produttore dando al primo anche la possibilità di diventare esso stesso un produttore, grazie all’esistenza di piattaforme e siti che consentono a chi ha un talento di avere a disposizione un piccolo spazio per potersi proporre per nuove relazioni di scambio.
Si sono, dunque, rimescolati ruoli e posizioni e si sono aperti nuovi canali di consumo e di vendita che solo fino a qualche anno fa erano inimmaginabili.
Questo ha creato per alcuni anni un certo disorientamento da parte della distribuzione tradizionale davanti alla scomparsa della modalità fisica e all’avanzata della multicanalità, della relazione con l’online, della nascita di colossi come eBay o Amazon fino all’avvento dell’omnicanalità.
È il passaggio ulteriore e attuale, in cui l’integrazione delle varie possibilità di comunicazione e relazione offerte dalla tecnologia e dalle relative sperimentazioni a essa collegate raggiunge la massima espressione.
Se si guarda alla Cina, gli esempi si fanno numerosi. Uno per tutti: la catena di supermercati Hema propone prodotti di tutti i tipi anche di altissima qualità. Si presenta come retailer online, ma ha anche dei punti vendita in cui presenta un livello di tecnologia portato all’ennesima potenza che arriva a consentire esperienze di multi sensorialità senza precedenti.
L’ATTENZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ
Oggi non c’è relazione tra venditore e consumatore che non comprenda i temi della sostenibilità.
Il consumatore si aspetta dal brand di riferimento iniziative volte a farlo diventare un attore forte rispetto a una proposta di cambiamento legata al tema dell’ambiente e della sostenibilità dei consumi.
Uno degli esempi più coraggiosi degli ultimi anni è stato quello di Carrefour Francia che nel 2018 ha lanciato la linea di punti vendita “Black” in cui sono presenti prodotti a chilometro zero per dare anche a chi non ha la possibilità di acquistarli altrove, l’opportunità di usufruirne.
Una scelta indubbiamente coraggiosa per un brand della grande distribuzione.
IL RACCONTO DI UNA STORIA
L’obiettivo del venditore è comunque oggi quello di raccontare una storia.
E il punto vendita serve sempre più a questo: rappresenta un luogo dove si può esercitare lo storydoing, ovvero la narrazione di cosa si è, cosa si vuole rappresentare, che messaggio si vuole veicolare, il valore della propria presenza attraverso il racconto di progetti e azioni concrete.
Un messaggio in cui il consumatore dovrebbe identificarsi.
L’apertura della catena Starbucks a Milano ne è un esempio calzante: per il flagship store è stato scelto un luogo storico della città, per la sua realizzazione sono stati chiamati molti artigiani locali di esperienza e tutto è stato studiato per raccontare la realizzazione di un sogno: aprire una caffetteria all’avanguardia nella patria del caffè. E l’obiettivo è stato centrato.
Così come ha fatto il marchio Gucci, che a New York ha aperto il negozio Wooster i cui commessi sono esperti del brand, critici, giornalisti in grado di raccontare il brand ai consumatori in modo diverso.
O Sephora che ha aperto le “Classes for confidence”, lezioni di 90 minuti di trucco nei punti vendita. Dai corsi classici sono arrivati a coprire tutte le esigenze: a San Francisco sono nati i primi corsi dedicati alla community transgender, alle persone malate di cancro e a chi ha particolari esigenze sociali.
Il tema al centro della loro narrazione è l’inclusione: si trucca non solo chi sta bene, ma anche chi ha bisogno di ricostruire il rapporto con il proprio corpo o avere specifiche esigenze di riconoscimento della propria situazione sociale.