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  • 18 Aprile 2024
  • Ultimo aggiornamento 16 Aprile 2024 12:31
  • Milano

I consumi e la rivoluzione della multicanalità

Come sta cambiando il processo di vendita e acquisto e quali sono le sfide per le imprese italiane per soddisfare i nuovi comportamenti dei consumatori digitali

I consumi e la rivoluzione della multicanalità

Nel 2018 sono stati 36 milioni gli italiani che hanno avuto interazioni multicanali per i loro acquisti, compresi 3,5 milioni di nuovi consumatori appartenenti alla categoria dei boomers, i cinquantenni con buona capacità di spesa. Di più: in circa 21 milioni hanno praticato il commercio elettronico. Le cifre sono contenute nell’Osservatorio sulla Multicanalità 2018 (realizzato congiuntamente da Politecnico di Milano e Nielsen) e dimostrano come ci si trovi davanti a un fenomeno pervasivo che richiede un cambiamento radicale delle strategie di marketing e di dialogo tra consumatore e venditore.

Ne parliamo con Giuliano Noci, docente di Marketing, uno dei massimi esperti di multicanalità e Prorettore del Polo territoriale cinese per il Politecnico di Milano.


Cosa è successo ai consumatori tanto da determinare un cambio di strategia nella definizione dei canali di vendita da parte dei player di mercato? 
È semplice: è arrivato Internet e ha rivoluzionato i comportamenti degli individui a partire dalla raccolta di informazioni, all’acquisto fino al post-acquisto. Abbiamo, in altre parole, a che fare con una determinante di natura tecnologica che ha avuto un impatto molto forte sulle strategie di marketing delle imprese che dalla pubblicità tabellare sono passate a un lavoro di identificazione puntuale del consumatore attraverso molteplici canali alternativi e l’uso di social media e influencer che presentano al consumatore in modo diretto un brand.

Questo ha però reso più complesso anche il processo di vendita…
Sicuramente. Mentre prima era controllabile dal punto di vista dello spazio e del tempo perché si esauriva nell’ambito di un negozio, ora si acquista ovunque e in qualsiasi momento. Quindi cambiano radicalmente il processo di acquisto e le strategie di vendita dei vari brand e si assegna un ruolo nuovo alla casa.

In che modo?
Oggi le aziende hanno capito che la fase più controllabile del processo di acquisto di un consumatore è quella dell’emergere del bisogno e non quella dell’acquisto vero e proprio. È quindi necessario andare a incidere il più vicino possibile alla persona, laddove emergono i bisogni primari. E la casa è il luogo principe, un canale privilegiato, dove si evidenziano per prime le necessità. A questo si aggiungono anche i cosiddetti “tempi interstiziali” di vita delle persone.

Ci aiuti con due esempi…
Basti pensare a Google Home e Alexa di Amazon. Entrano in casa, usano una voce umana, diventano compagni di viaggio, amici che aiutano a risolvere i problemi e più saranno efficaci più ci si fiderà di loro. E non se potrà fare a meno.
Intercettare i tempi interstiziali di vita delle persone significa invece identificare luoghi e spazi nuovi dove entrare in contatto diretto con il consumatore. Per esempio in Corea del Sud, dove si lavora moltissime ore al giorno, il colosso della distribuzione Tesco davanti alle fermate della metropolitana ha riprodotto degli scaffali virtuali del supermercato dove è possibile acquistare prodotti che arriveranno poi direttamente a casa.

La strategia omnicanale oggi cosa include?
Intanto parte da un presupposto di fondo: la mente non discrimina più tra spazio fisico e spazio digitale e quindi la strategia di vendita deve integrare queste due dimensioni. Il che è molto difficile perché il mondo dell’offerta conosce molto poco il proprio cliente che deve restare il riferimento principale.
In America per esempio Wallmart ha reagito in modo significativo ed è riuscita a sostenere la propria profittabilità. Altri che non lo hanno fatto sono falliti.
 
E in Italia a che punto siamo?
In Italia il mondo delle imprese è indietro sul fronte delle tecnologie digitali rispetto alle esigenze dei consumatori. Tuttavia c’è qualche cambiamento che fa presagire una presa di coscienza sul fatto che l’assetto attuale della grande distribuzione farà fatica a mantenere la configurazione che si è data finora. Esselunga, Conad ad esempio, stanno intraprendendo un percorso di cambiamento. Ma complessivamente, visti i cambiamenti rapidi che monitoriamo, serve un’accelerazione.

In questo l’intelligenza artificiale che posto occupa?
L’intelligenza artificiale non è un obiettivo a cui arrivare ma deve essere uno strumento. Se non si conosce il business per il quale si decide di utilizzarla è del tutto inutile.

Lei è un grande esperto di mercato cinese. Quanto sono più avanti in Cina rispetto a noi?
Alcune cifre aiuteranno a capire. In Cina il valore del commercio elettronico è pari al doppio di quello americano, il valore dei pagamenti digitali è 50 volte. Ormai comprano tutto, dal caffè alla macchina, solo con lo smartphone attraverso app avanzate come WeChat.

E come hanno fatto?
Senza dimenticare tutte le peculiarità dell’economia cinese, resta il fatto che stiamo parlando di un Paese che è ripartito (dal punto di vista economico) senza avere le barriere al cambiamento del mondo occidentale. E questo è stato indubbiamente un vantaggio competitivo.

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Giornalista, digital addicted, lavora sui contenuti per dare qualità ai prodotti editoriali che segue. Perché oggi più che mai la qualità di ciò che si racconta fa la differenza

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