La vicinanza. È questo il termine chiave che caratterizzerà la relazione tra consumatore e aziende nel prossimo futuro. E la vicinanza passa per la comunicazione. L’ultima indagine di Kantar svolta durante questi mesi di espansione dell’epidemia di Covid-19 su oltre 25 mila consumatori provenienti da più di 30 paesi (di cui 1.000 dall’Italia), lo dice chiaramente: solo l’8% suggerirebbe alle aziende di non fare più pubblicità. Non è questo il momento di smettere di comunicare.
IL RUOLO SOCIALE DIRETTO
La rivoluzione maggiore si è avuta proprio in questo: la principale aspettativa dei consumatori è rivolta al ruolo sociale diretto che devono avere le imprese.
Vogliono che tengano conto della salute dei propri dipendenti come impegno primario. Di più: il 78% si aspetta che si prendano cura di loro e il 62% chiede di favorire lo smart working. Auspicano che supportino gli ospedali (41%) e aiutino i governi (35%) e si aspettano che le campagne pubblicitarie abbiano un impatto positivo sulla società.
Il che significa parlare di come il brand possa essere utile nella “nuova” vita di tutti i giorni, comunicare gli sforzi fatti per affrontare e migliorare la situazione, usare un tono rassicurante.
Questa è davvero una novità che mostra come tutti abbiano capito di essere interconnessi e soprattutto accomunati da una situazione che può toccare allo stesso modo nei suoi aspetti più negativi e preoccupanti legati alla crisi economica che seguirà quella pandemica.
I DUBBI DEI BRAND
Con l’aumento del numero di casi di coronavirus a livello globale e l’introduzione di norme più severe in materia di distanziamento sociale, i marchi hanno infatti continuato a chiedersi se fosse opportuno continuare a fare pubblicità. E, soprattutto, in che modo.
Nell’era pre-Covid19 investire in comunicazione significava mettere il marchio in una posizione più forte rispetto a chi non sceglieva di scommetterci. Oggi il loro timore è di essere “fuori luogo”, di infastidire il consumatore provato dalla situazione generale.
Al contrario l’indagine ha mostrato come continuare a dialogare significhi per il consumatore non solo fornire un senso di normalità ma anche di distrazione e fuga da una realtà che risulta per tutti pesante e difficile. Ovviamente è preferibile non vedere contenuti su prodotti che la gente non può più comprare o su servizi che attualmente non si è più autorizzati a utilizzare.
IL NUOVO LINGUAGGIO
Ma non solo. Deve cambiare anche il linguaggio. I consumatori si aspettano che la comunicazione abbia un impatto positivo sulla società e in particolare vogliono sapere come il brand sia utile nella “nuova” vita di tutti i giorni e quali sforzi stia facendo per affrontare e migliorare la situazione.
Il tutto sempre e comunque con un tono rassicurante, senza mai “promuoversi” né usare toni umoristici.
Il consumatore nell’azienda e nel brand vuole trovare un compagno di sventura, che si mostri attivo, propositivo, dinamico e soprattutto presente, vicino. Per tentare di superare la crisi. Fidandosi a volte più di lui e delle sue politiche sociali che di quelle delle istituzioni.