È tutto un altro scenario. Nell’ultimo anno il rapporto tra consumatori e sostenibilità è profondamente cambiato, si è rafforzato, è diventato trasversale alle diverse generazioni e ha scavallato le questioni puramente ideologiche. Sono le donne a essere le più attive e interessate al tema e non più solo gli ecologisti militanti contrari alle politiche dell’industria tradizionale, vicini alle teorie della decrescita felice da ottenere non solo con la rinuncia ai consumi ma anche ad alcune abitudini quotidiane molto radicate.
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UN FENOMENO MAINSTREAM
Più del 50% degli italiani, oggi, è attento alla sostenibilità, un dato nuovo e inatteso solo fino a pochi mesi fa. Anzi potremmo definirlo ormai come un fenomeno mainstream che ha la possibilità di espandersi ulteriormente. Questo cambiamento c’è stato perché l’avvento del Covid-19 ha messo in evidenza i grandi squilibri esistenti nella relazione tra l’uomo e l’ambiente e tra l’uomo e una percezione del mondo che in passato sembrava dovesse porlo al centro di tutto. Il virus ha invece messo in evidenza la sua totale irrilevanza.
A cambiare è stato anche il contesto e la percezione del rischio. È come se si fosse aperta una nuova dimensione che prescinde dall’essere umano: le persone hanno iniziato a concretizzare il reale pericolo del cambiamento climatico e hanno compreso meglio, con una maggiore consapevolezza la figura di Greta Thunberg e le motivazioni dei movimenti dei giovani che fino al 2019 riempivano le nostre piazze.
È così che molti cittadini, consumatori, anche non particolarmente interessati ai temi ambientali sono stati spinti ad avvicinarsi, a informarsi, a capire che quella della tutela sostenibile della vita umana, oggi è una delle grandi sfide che abbiamo davanti.
IL PATTO INTERGENERAZIONALE
È interessante lo spaccato sociale che si occupa di questi temi. L’aspetto più rilevante è la forte complicità tra nonni e nipoti. I boomer di età compresa dai 60 anni in su (e che questo tema lo hanno sostenuto già negli anni ’60 e ’70 con l’attivismo studentesco di allora) supportano i nipoti di età compresa tra i 15 e i 24 anni saldando un patto intergenerazionale molto sentito.
Le altre generazioni si sono mosse e inserite in questo percorso più lentamente. A restare un passo indietro è ancora la generazione dei Millennials che abbraccia i nati tra il 1981 e il 1996. I nuovi trentenni infatti, sono preoccupati più dai temi della mancanza di lavoro, di denaro e di opportunità professionali e personali.
LE RICHIESTE DEI CONSUMATORI
In questo contesto, le aspettative principali dei consumatori sono oggi principalmente di ordine etico. Per la prima volta non si giudica solo il prodotto in sé ma il processo produttivo, ovvero le modalità con cui l’industria e il singolo brand lavorano. Sempre più consumatori oggi chiedono una posizione più trasparente e controllabile sul tema della sostenibilità, e una filosofia produttiva e commerciale che sia in linea con i valori della sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale (dignità del lavoro, regole e logiche di ingaggio, partner produttivi). Il consumatore oggi chiede credibilità.
È ovviamente esigente anche sul prodotto e la categoria più soggetta a questa attenzione è quella dei beni alimentari. L’etichetta è il cuore di queste sue attenzioni e deve ormai racchiudere tutte le informazioni che creano una consapevolezza di filiera. Altrimenti, se delude, porta all’abbandono del prodotto stesso.
Conseguenza di questo nuovo atteggiamento è anche la maggiore apertura al riciclo dell’invenduto. È aumentata la sensibilità verso la riduzione dello spreco e del rifiuto degli scarti, in un processo che vede l’Italia in una posizione molto virtuosa rispetto ad altri Paesi europei, Germania compresa.