In Italia esistono 15.300 imprenditori attivi nell’arredamento tradizionale e indipendente, estranei alla grande distribuzione organizzata. In totale gestiscono circa 18 mila punti vendita della grandezza media di 1100 mq, con un fatturato medio annuo di 1 milione euro.
Dopo sette anni di difficoltà (dal 2007 al 2014) in cui le perdite del giro d’affari del settore hanno toccato anche il 40%, dal 2015 è tornato il segno positivo e il mercato si è per lo più stabilizzato.
Ma la rivoluzione lenta e inesorabile che ha coinvolto tutto il comparto, non lascia scelta: o il negozio indipendente aggiunge all’offerta di prodotto una consulenza di alto livello, o non ha futuro.
LA TRASFORMAZIONE IN ATTO
Già in questi ultimi anni il negozio tradizionale ha cambiato faccia: si è dovuto posizionare in modo più preciso, a volte anche alzando il livello dell’offerta per intercettare un pubblico di riferimento nuovo e più esigente, sperando di catturare quella porzione di clientela che la grande distribuzione fa ancora fatica a intercettare perché chiede progettazione sofisticata, trasporto e montaggio accurato. Quella clientela, cioè, che non compra un mobile ma cerca “arredamento”.
Ma bisogna fare in fretta. Perché se è vero che la gdo ancora non si è attrezzata in tal senso, ci sono alcune eccezioni lodevoli che fanno pensare che la situazione stia cambiando velocemente. È il caso per esempio di Leroy Merlin che ormai fornisce progettazione e consulenza a 360 gradi sostituendosi in pieno al piccolo negozio.
Con una leva in più: il sito web del gruppo, che non è più solo un luogo dove cercare prodotti, ma è una “piazza pubblica” dove raccogliere suggerimenti, iscriversi a una community, proporre e condividere anche progetti di design che abbiano alla base l’uso di pezzi presenti nei negozi Leroy Merlin e molto altro ancora. Il tutto in una logica di continuità tra mondo digitale e fisico che è una chiave di volta necessaria.
IL CAMBIO DI MENTALITÀ
Oggi infatti il mercato del mobile ha una buona fetta di consumatori (il 44%) che si reca direttamente in un negozio trovato o con il passaparola o attraverso ricerche personali. Ma il 50% parte proprio dal web per cercare cosa acquistare e solo in un secondo momento si reca nel negozio fisico mentre l’8% compra direttamente online.
Questi numeri ci dicono che è sempre maggiore la quota di persone che usa il web almeno come punto di partenza. E purtroppo la media della distribuzione tradizionale non ha ancora una forma di proposta online che possa interessare il consumatore per poi trasferirlo nel negozio.
A questo si aggiunge un vero e proprio errore strategico: troppo spesso si creano delle aspettative online che vengono poi disattese nel momento in cui si varca la porta dello store. Serve una continuità.
Ma soprattutto serve un cambio di mentalità che porti a modificare l’intera organizzazione e strategia di vendita smettendo anche di pensare che ingaggiare un consumatore online significhi risparmiare invece di capire che, se fatto con professionalità e intelligenza, può solo portare a un consolidamento del business e a una maggiore fidelizzazione del cliente.