Quando si parla di economia circolare l’Italia riesce a distinguersi. A dircelo è l’ultimo rapporto italiano sull’Economia Circolare redatto dal Circular Economy Network (CEN), in collaborazione con ENEA, sulle PMI italiane.
Lo studio, arrivato ormai alla sua sesta edizione, evidenzia come questo sistema economico pensato per riutilizzare i materiali di produzione in successivi cicli di lavorazione, così da ridurre al massimo gli sprechi, giochi un ruolo chiave in ottica di transizione energetica.
L’indagine, realizzata tra dicembre 2023 e gennaio 2024, ha riguardato più di 800 aziende italiane e il 65% di queste ha dichiarato di avere attuato almeno un processo riconducibile a politiche di economia circolare. Nello specifico più del 37% afferma di aver intrapreso da oltre 5 anni pratiche di economia circolare nella quotidianità lavorativa.
Tra le misure di circular economy attuate con maggiore frequenza c’è l’utilizzo di materiali riciclati (68,2%), la riduzione degli imballaggi (64%) e gli interventi per la durabilità e la riparabilità del prodotto (53,2%).
Comportamenti che hanno portato a vantaggi produttivi e non solo. Infatti, chiamate a indicare i principali benefici derivanti dall’adozione di misure di economia circolare, il 70,4% delle imprese ha evidenziato la maggiore sostenibilità ambientale seguita dalla riduzione dei costi di produzione (61%) e da una maggiore efficienza (35,6%).
L'ITALIA CHE RICICLA
Il posizionamento dell’Italia nell’economia circolare è ottimo anche se confrontato con gli altri Paesi della Ue. Le performance di circolarità delle cinque maggiori economie europee sono state comparate usando gli indicatori della Commissione europea (produzione e consumo, gestione dei rifiuti, materie prime seconde, competitività e innovazione, sostenibilità ecologica e resilienza). L’Italia in questa speciale classifica è prima con 45 punti, seguita da Germania (38), Francia (30) Polonia e Spagna (26).
In particolare, siamo primi in Europa nel tasso di riciclo dei rifiuti. Se si analizza il trend degli ultimi cinque anni, si nota come l’Italia abbia un tasso di riciclo dei rifiuti di imballaggio molto alto, pari al 71,7%, l’8% in più della media UE (64%). A questo dato si deve sommare quello del riciclo dei rifiuti urbani che è cresciuto del 3,4% tra il 2017 e il 2022, raggiungendo il 49,2%, +0,6% sulla media UE.
COSA MANCA ANCORA PER ARRIVARE ALL'ECODESIGN
I dati sono incoraggianti è vero, ma si può fare di più. Ci sono ancora diverse barriere a ostacolare la definitiva svolta ecologica. Secondo gli imprenditori intervistati da CEN fattori come l’eccessiva burocrazia, l’assenza di strutture di supporto o la totale mancanza di incentivi e agevolazioni, rallentano l’adozione di misure di economia circolare.
A questo proposito, secondo le aziende che hanno partecipato all’indagine, si potrebbe accelerare la transizione con degli interventi mirati quali: maggiori investimenti (35,7%) anche su materie prime sostenibili, un mercato più orientato all’acquisto di beni sostenibili (35,2%), un quadro normativo che renda più semplice la circolarità in azienda (34,6%) e una maggiore formazione (33%).
Il punto di arrivo ottimale è l’ecodesign, vale a dire un modello economico che si basa su un’attività circolare e che per il suo intero processo di produzione (quindi dall’ideazione del prodotto fino allo smaltimento) non impatta sull’ambiente.
Una progettazione che attraverso l’utilizzo di materiali più durevoli, facili da riutilizzare e riciclare permetta di ridurre l’impatto ambientale. Una scelta sostenibile ed etica capace di abbattere le emissioni di CO2 e favorire un più corretto smaltimento dei rifiuti.