realize agos logo 2020 color
  • 28 Marzo 2024
  • Ultimo aggiornamento 28 Marzo 2024 09:13
  • Milano

Aziende e clienti: così il Covid-19 ha cambiato le strategie di comunicazione

Maggiore sensibilità alla CSR, apertura a nuove modalità di acquisto e pagamento, senso di comunità. Così l’epidemia ha accelerato i processi di comunicazione nelle aziende e tra le aziende e i consumatori finali

Aziende e clienti: così il Covid-19 ha cambiato le strategie di comunicazione

Comunicare, comunicare, comunicare. Se era importante prima, a maggior ragione lo è oggi. Con la pandemia, ormai amara compagna di quotidianità, i codici con cui i brand e le aziende stanno decidendo di parlare con i loro clienti sono diventati importantissimi. La situazione di emergenza lascia infatti poco spazio ad elementi “teorici” che non diano valore e supporto ai problemi quotidiani delle persone. I consumatori vogliono sapere, essere informati e ricevere messaggi di rassicurazione. Messaggi puntuali, credibili e professionali. È aumentato, in parole più povere, il bisogno di informazione.

E per arrivare al consumatore finale, le aziende hanno iniziato a lavorare molto di più anche sui cosiddetti “clienti interni” ovvero i loro dipendenti, dando priorità al creare sicurezza e serenità nelle condizioni di lavoro e puntando poi a un aggiornamento costante dei collaboratori sulle scelte e i programmi aziendali attuati e attuabili durante la pandemia. Si sono poste in questo modo le basi per dare continuità e mantenere forte la relazione con il consumatore finale durante questo periodo così incerto e complicato.

LA DIMENSIONE SOCIALE

La situazione pandemica globale in atto ha creato infatti un’esigenza maggiore di comunità, di sentirsi parte di qualcosa di più grande e di voler in qualche modo far parte anche della soluzione. In questa direzione vanno le iniziative che si traducono in supporto concreto ai dipendenti e alle loro famiglie, ad esempio attraverso una maggiore flessibilità negli orari di lavoro e nelle regole dello smartworking per venire incontro alle nuove esigenze generate dalla vita durante il Covid-19.

Un messaggio di vicinanza molto forte che, dove applicato, è in grado di generare un riflesso positivo in termini di forza del gruppo e dell’azienda, che a sua volta si trasmette ai clienti finali attraverso empatia e migliore produttività.

I consumatori oggi (e il mercato in senso più ampio), hanno bisogno infatti di vedere che un brand ha uno scopo che va al di là degli obiettivi legati al profitto e al business in senso tradizionale, pretendono di vedere anche la dimensione sociale e ambientale, andando ad occupare uno spazio solitamente attribuito alle istituzioni.

L'ACCELERAZIONE DELLA COPORATE RESPONSIBILITY

Anzi, spesso i consumatori, i cittadini, si aspettano sempre più che il mondo delle aziende si sostituisca alle Istituzioni, laddove queste non riescono ad arrivare, e che prenda delle iniziative di sostenibilità e di supporto alla società. In fondo non è altro che un’accelerazione di quella che da oltre 20 anni sentiamo chiamare “corporate responsibility” e che in Italia ha avuto meno profondità e concretezza che in altri Paesi.

Ora però, anche in Italia, la pandemia ha indotto una nuova consapevolezza nelle imprese, sempre più orientate ad integrare la sostenibilità nella strategia aziendale, come condizione per assicurarsi uno sviluppo solido nel tempo. In poche parole serve concretezza, aiuto e supporto al territorio, alle persone e alla società perché l’azienda che pensa di prescindere da questo legame non sarà più credibile.

NUOVE MODALITÀ DI CONNESSIONE

Tutto questo è reso maggiormente possibile laddove la digitalizzazione ha corso di più, generando anche una rivisitazione di tutte le modalità di connessione con i clienti. Punti di contatto e processi sono stati negli ultimi dodici mesi rivisti nel format, nei tempi e quindi anche nella varietà dei contenuti, anch’essi reinventati più asciutti ma più puntuali.

Si è recuperata efficienza e abbiamo assistito a una sorprendente amplificazione della possibilità di interazione nonostante la distanza. Certo, la digitalizzazione ha anche escluso la relazione fisica, ma ha permesso di raggiungere più persone: non sono pochi gli esempi di aziende che si sono inventate occasioni di dialogo in digitale sostituendo il contatto fisico con format molto efficaci.

LA PROSSIMITÀ DIGITALE

È in questa direzione che bisogna andare, anche nel dialogo con il consumatore finale: è necessario ripensare alle modalità con cui si interagisce, promuovendo una gestione a distanza della relazione senza trascurare (dove possibile) la fisicità, che diventano a questo punto momenti complementari.

Questa ricerca di una “prossimità digitale” prima era appannaggio solo di grandi realtà, ma ora anche il piccolo negoziante ha capito che può ingaggiare i media per vendere, che trasformando la relazione e digitalizzandola può acquisire novità e non perdere nulla. A partire dall’introduzione dell’e-commerce, che abbiamo visto protagonista anche dove può sembrare un controsenso, come per esempio è avvenuto nel caso di alcuni ristoranti stellati nell’avviare l’attività di asporto. Si sono ormai abbattuti alcuni dogmi e quando torneremo alla normalità faranno oramai parte di un bagaglio di conoscenze acquisito.

IL RISVOLTO SOCIALE

Tutto questo ovviamente ha anche un risvolto “sociale”. Lo stato di digitalizzazione del nostro Paese pre-Covid era piuttosto in ritardo rispetto a buona parte del mondo occidentale. Ora siamo stati costretti a un’accelerazione  per acquisire familiarità con i nuovi strumenti e  superare questi problemi: il consumatore, il cittadino, si è trovato in pochissimo tempo ad aver a che fare, per esempio, con il cashback e una serie di incentivi all’uso del cashless, a dover attivare definitivamente Spid, l’identità digitale da utilizzare anche nei rapporti con la  pubblica amministrazione,  al non avere spesso altra alternativa al mobile e al digital payment per gli acquisti.
Questo ha provocato indubbiamente problemi di stabilità tecnologica.

Ma è una fase attraverso cui si deve passare con un ottimismo di fondo: indietro non si torna.

Il virus ha aperto con ancora maggiore forza la questione di rendere più omogenea e capillare la presenza dell’infrastruttura tecnologica per tutti, in modo da arrivare a un livello di dignitosa offerta idonea a un paese occidentale a adatta alla sua crescita. Presto i problemi, oggi temporanei, di disuguaglianza saranno sanati. E, almeno sotto questo punto di vista, saremo migliori che in passato.

contributor

Articoli Correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *