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  • 14 Novembre 2024
  • Ultimo aggiornamento 8 Novembre 2024 07:53
  • Milano

Shrinkflation: il nuovo rischio per i consumatori

Stesso prezzo ma meno prodotto. Con l’aumento dell’inflazione molti brand stanno mettendo in atto questa strategia a volte giustificandola con temi di sostenibilità. Ma a premiare è sempre un rapporto chiaro e trasparente con il cliente finale

Shrinkflation: il nuovo rischio per i consumatori

Stessi prezzi ma per meno prodotto. È la strategia di marketing con cui molti brand, soprattutto del largo consumo, stanno cercando di aggirare la crescita dell’inflazione di questi ultimi mesi con l’obiettivo di cercare di illudere i consumatori.
Si chiama “Shrinkflation”, neologismo anglosassone che viene dalla crasi del verbo “shrink”, restringere, e “inflation”, inflazione, per dare una definizione a un fenomeno ormai diffuso che arriva in risposta a un fenomeno: la crescita dell’inflazione a livello globale, almeno in Europa.

In Italia toccherà il +5,8% quest’anno, dal +1,6% stimato finora. È l’effetto della guerra russo-ucraina, amara, anzi amarissima ciliegina su una torta fatta di carenze di manodopera, strozzature nella catena di approvvigionamento e aumento della domanda post-pandemia. L’invasione russa dell’Ucraina sta infatti stressando le forniture di cibo ed energia. E la diretta conseguenza è il rialzo violento dei prezzi.

STESSO PREZZO, MENO PRODOTTO

È così che molte aziende hanno messo in campo politiche di Shrinkflation, a cui il consumatore deve stare attento.

L’esempio classico che lo spiega è proprio quello del pacchetto di patatine. Chi va a fare la spesa si troverà davanti lo stesso prezzo di sempre e lo stesso pacchetto che è abituato a comprare. A cambiare è il numero di patatine all’interno, 5 o 10 in meno. Lo stesso dicasi per le confezioni di pasta, improvvisamente meno pesanti, o per il detersivo per la lavatrice. Un modo per risparmiare materia prima senza che il consumatore se ne accorga, ma riversando comunque indirettamente su chi compra il costo dei rincari.

Molti casi li racconta anche il Financial Times in un recente articolo. Negli Usa, per esempio, i sacchetti di Doritos hanno cinque patatine in meno e le mega confezioni di rotoli di carta igienica Cottonelle hanno perso 28 fogli. Il prezzo è però rimasto lo stesso. E ancora: i flaconi di Dove body wash sono scesi da 24 a 22 once, ma alla cassa le cose non cambiano rispetto a prima.

STESSO PREZZO, SERVIZI IN MENO

Il fenomeno è ancora più interessante quando si scopre che non si ferma al largo consumo ma inizia ad abbracciare anche i servizi e, in particolare, l’ospitalità, soprattutto hotel, ristoranti e parchi a tema, che hanno sofferto moltissimo a causa del Covid. Il quotidiano britannico fa qualche esempio: sia la catena Hilton che Marriott hanno reso il servizio di pulizia giornaliero “opt in” per la maggior parte delle stanze, il che significa che gli ospiti non lo ottengono a meno che non lo chiedano. Molti buffet per la colazione non sono stati riaperti o sono stati fortemente ridimensionati. Al Walt Disney World non esiste più il servizio gratuito di line-skipping (il nostro “salta la fila”) e per l’accesso rapido alle corse ora si paga.

LA SCUSA DI POLITICHE SOSTENIBILI

È chiaro che se in un primo momento la pandemia è stata una motivazione condivisa e compresa dai consumatori per giustificare una riorganizzazione dell’offerta commerciale, oggi non è più così.

È per questo che molti brand cercano di collegare alla loro strategia di Shrinkflation quella della sostenibilità in tema di salute e benessere quasi a voler tentare il recupero sul livello di soddisfazione dei consumatori che, per esempio, negli Usa è scesa al livello più basso dal 2005.

Per esempio Mondelez, proprietaria di Cadbury, ha insistito sul fatto che un taglio alle dimensioni delle barrette di cioccolato Wispa nei suoi multipack faccia parte di una “strategia per aiutare ad affrontare l’obesità”. Gatorade, di proprietà della PepsiCo, ha detto che il taglio del 14% delle dimensioni delle sue bottiglie di bevande sportive faceva parte di una riprogettazione per renderle “più aerodinamiche” e “più facili da tenere in mano”. Hyatt (insieme ad altre catene alberghiere) presenta gli sforzi per incoraggiare al riutilizzo degli asciugamani come parte della strategia di abbattimento delle emissioni di Co2.

Ma forse, come fa ben notare il Financial Times, l’approccio più corretto sarebbe quello di una maggiore trasparenza. Un esempio è l’app di delivery Just Eat che con il suo programma “waste less” offre ai clienti la possibilità di ordinare allo stesso prezzo una porzione di patatine fritte di dimensioni più piccole se non se ne desidera una normale. È il consumatore a scegliere in modo trasparente e consapevole. In partnership con il suo brand di riferimento.

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Giornalista, digital addicted, lavora sui contenuti per dare qualità ai prodotti editoriali che segue. Perché oggi più che mai la qualità di ciò che si racconta fa la differenza

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