Oggi il consumatore, soprattutto se giovane, chiede ai brand di riferimento autenticità: non deluderlo, rispettare i messaggi e i valori di cui si fa promotore, evitare il greenwashing in tema di sostenibilità.
Può sembrare un tema marginale, ma non lo è. Di recente, la piattaforma di recensioni online Trustpilot ha realizzato un sondaggio in cui ha chiesto ai suoi utenti quali aspetti relativi all’operato di un’azienda produttrice vorrebbero valutare quando acquistano un bene. L’elemento principale che è emerso è il senso di responsabilità ambientale, che include l’utilizzo di materiali sostenibili nelle proprie produzioni, essenziale per l’87,3% degli intervistati. Segue il rispetto per i diritti umani e dei lavoratori all’87% e il rispetto degli animali all’85%. Un gradino più in basso c’è invece l’attenzione che l’azienda riserva alla protezione dei dati dei clienti (83,8%) e una presa di posizione netta del brand sul tema delle libertà civili (79,4%). Importante resta la regolarità fiscale (75,9%), fare commercio in modo equo e solidale (74,8%) e promuovere diversità e inclusione (73%).
L’ETICA AL CENTRO
Oltre la metà degli intervistati (53,5%) rivela di non essere intenzionata a comprare da aziende prive di valori etici, un tema che resta invece ancora irrilevante per il 30,6%. Oltre 4 intervistati su 10 sono invece incentivati a comprare da chi tratta con rispetto i propri dipendenti, a scegliere brand che comunicano in modo trasparente le azioni che intraprendono e il loro impatto sul pianeta e sulla società. Quasi tre consumatori su dieci invece favoriscono le aziende che prendono posizioni decise su questioni sociali, politiche e ambientali e il 25,5% dà credito ai marchi che implementano strategie ambiziose dall’impatto concreto e duraturo per creare un futuro migliore.
L’importanza dell’etica aziendale all’interno del customer journey rappresenta un discorso valido in ogni ambito ma riveste una particolare valenza nel settore moda. Secondo una recente indagine di Trustpilot con London Research, quattro consumatori su cinque smetterebbero di acquistare da un brand fashion che si è rivelato privo di standard etici. L’Italia dimostra di essere il paese più attento in questo senso: a fronte di una media dell’82%, in Italia è il 92% degli intervistati che smetterebbe di comprare da un brand o da un rivenditore di moda se scoprisse che non rispetta tali standard.
UN TEMA CARO AI GIOVANISSIMI
Sottolineare queste tendenze è importante soprattutto perché dominano tra i giovanissimi, ovvero tra i grandi consumatori del futuro. Un interessante approfondimento divulgato da Gfk riporta come, secondo un sondaggio del 2021 condotto da The Org negli Stati Uniti, l’84% dei Millennials americani affermi che sarebbe più fedele a un marchio se sapesse che è trasparente, e il 37% crede che i valori e la cultura di un’azienda siano gli aspetti più importanti da tenere in considerazione al momento dell’acquisto.
I consumatori infatti non si aspettano che i marchi siano perfetti. Capiscono anche la necessità di un cambiamento, concedono il tempo giusto perché questo avvenga. Ma lo scambio deve essere basato sul principio di lealtà.
La ricerca Consumer Life condotta proprio dalla società di consulenza GFK a livello internazionale mostra infatti che il 60% delle donne della Generazione Z crede che i marchi da cui acquistano dovrebbero sostenere cause importanti per loro. Allo stesso modo, il 64% dei consumatori a livello globale preferisce acquistare prodotti o servizi che siano affini ai propri ideali.
E non è difficile immaginare quali siano. Basta osservare le piazze dei Friday for Future e anche l’attenzione che si sta dando al tema ambientale a livello internazionale (da ultimo con Cop26 di Glasgow). Sono sempre di più i consumatori che stanno dando la priorità alle questioni sociali e ambientali e che si aspettano che i marchi facciano lo stesso (il 59% concorda sul fatto che hanno un dovere verso l’ambiente, il 9% in più rispetto al 2015).
È dunque fondamentale una comunicazione chiara e coerente. Anche se molti brand sostengono di essere orientati a uno scopo preciso, non sempre riescono a convincere i consumatori. Solo il 37% infatti crede che le aziende oggi ne abbiano uno chiaro e definito. E sono stanche del greenwashing che non ha fatto altro che creare sfiducia e distanza.