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  • 21 Novembre 2024
  • Ultimo aggiornamento 20 Novembre 2024 09:36
  • Milano

Moda e sostenibilità: il consumatore chiede qualità

Il mondo del fashion è responsabile del 10% delle emissioni globali di carbonio. Ogni anno si buttano 500 miliardi di dollari di indumenti prodotti ma non indossati. Serve attivare l’economia circolare. Sappiamo come farlo. I consumatori la apprezzano. E tutto il mondo ne gioverebbe.

Moda e sostenibilità: il consumatore chiede qualità

“Capiamo subito di cosa stiamo parlando: il mondo della moda consuma un quarto del bilancio globale dei combustibili fossili.
È responsabile del 10% delle emissioni globali di carbonio, più di tutti i voli internazionali al mondo.
Secondo una ricerca pubblicata su Nature ogni anno vengono usati 1.500 miliardi di litri di acqua per trattare i rifiuti tessili, il 20% dell’inquinamento idrico viene dal lavaggio delle fibre sintetiche e il 35% delle microplastiche degli oceani vengono dal lavaggio di tessuti”.
Paolo Marcesini, direttore di Italia Circolare, non dà tregua durante il Green Retail Lab “La filiera del tessile” organizzato da Retail Institute Italy.

Credit: Gettyimages

“Ogni anno nel mondo vengono buttati via 500 miliardi di dollari di indumenti prodotti ma non indossati” continua. “Non li regaliamo, non li ricicliamo, semplicemente li disperdiamo. Solo l’1% dell’enorme massa di tessuti prodotta (lana, cotone, fibre diverse) viene riciclata. Di questo 1%, circa il 20% viene lavorato a Prato, vera capitale mondiale della trasformazione di materiali tessili post consumo”. È proprio così: l’Italia è leader dell’economia circolare del tessile. Dunque, sappiamo bene cosa fare. Il punto è farlo, attivando un modello produttivo circolare adeguato.

“Oggi grazie alla bioeconomia è possibile produrre tessuti di qualità da molecole naturali in grado di tessificare altre materie” spiega Marcesini. Ma al sistema moda conviene? Parrebbe di si: l’ultimo Circular Fashion Report del 2020 parla di un business potenziale del mercato stimato a 5 mila miliardi di dollari, il 67% in più del valore dell’industria fermo (nel 2020) a 3 mila miliardi. “Anche qualora fosse un dato esagerato, dimostra che non c’è motivo per continuare con un’economia lineare della moda” conclude Marcesini.

Il mondo della moda consuma un quarto del bilancio globale dei combustibili fossili. È responsabile del 10% delle emissioni globali di carbonio, più di tutti i voli internazionali al mondo
Paolo Marcesini, direttore di Italia Circolare

IL CONSUMATORE AL CENTRO

Anche perché c’è un interesse sempre più forte da parte dei consumatori nei confronti del fashion circolare e sostenibile. Perché diventi efficace, è necessario che il consumatore venga messo al centro di questo processo. E ancora non lo è. Come dichiarato da Andrea Alemanno, group director di Ipsos, “l’industria della moda è percepita dal consumatore come molto lenta in quanto ad attivismo per migliorare il suo contributo in termini di sostenibilità. È un settore dove il rischio greenwashing è molto alto e manca ancora un racconto del tessile sostenibile che possa essere anche di qualità”.

Lo conferma anche Silvia Andreani, client officer, fashion Luxury e Beauty di Ipsos. “I consumatori si aspettano molto di più dal mondo della moda. Negli ultimi anni è cambiato, diventando molto più inclusivo a livello politico e sociale. Inoltre è diventato più aspirazionale, perché genera connessioni con la vita quotidiana delle persone tra cui la sostenibilità. Ma non è ancora abbastanza”.

L'IMPORTANZA DI UNA COMUNICAZIONE TRASPARENTE

Per i consumatori i brand del fashion stanno lavorando bene nell’uso di materiali riciclati ma potrebbero fare di meglio nell’ambito etico e delle condizioni di lavoro, oltre che nel rispetto della trasparenza. “È questa la parola chiave oggi nel rapporto tra brand e consumatore” aggiunge Alberto Miraglia, direttore generale di Retail Institute Italy. “Non è più necessario avere solo un prodotto ma avere dei valori che leghino il brand ai consumatori”.

Ma perché tutto questo funzioni al meglio, è necessario mettere al centro la qualità che è quanto di più ricercato dal consumatore del mondo moda, insieme al giusto prezzo. “Bisogna lavorare sul concetto di qualità, anche perché non è ben raccontata” spiega Andreani. “Un consumatore su quattro non sa a che brand riferirsi se si parla di sostenibilità”.

Ogni anno nel mondo vengono buttati via 500 miliardi di dollari di indumenti prodotti ma non indossati
Paolo Marcesini, direttore di Italia Circolare

LA SECOND HAND ECONOMY

Il tema abbraccia anche la cosiddetta “second hand economy”, quella che un tempo definivamo “economia dell’usato”. È un fenomeno in crescita con un valore di 40 miliardi di dollari a livello globale che nel 2025 diventeranno quasi 80 miliardi. “Il 55% dei consumatori dichiara di voler accedere al mercato della seconda mano per dare un contributo al cambiamento climatico” dice Andreani. “Oggi non è più visto come una scelta di serie B. I consumatori con capacità di spesa maggiore e con una maggiore attenzione alla qualità ne hanno elevato la percezione e sono stati i promotori di una conversione del second hand in ottica qualitativa. È questa la chiave del futuro: costruire una narrazione di qualità che corrisponda a questo reale cambiamento perché la sostenibilità nella moda diventi sempre più credibile”.

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Giornalista, digital addicted, lavora sui contenuti per dare qualità ai prodotti editoriali che segue. Perché oggi più che mai la qualità di ciò che si racconta fa la differenza

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