Quando c’è la salute c’è tutto. Mai come in questo ultimo anno, questo vecchio adagio ha risuonato nella sua grande attualità. Lo conferma anche una ricerca condotta dall’Ufficio Studi Coop che mette in evidenza come per quasi un italiano su due, pari al 45% del campione intervistato, basti star bene per considerarsi felici e appagati.
Dallo studio emerge inoltre che, a causa del Covid, un italiano su cinque è convinto di voler spendere di più in salute nel 2021. Fra costoro emerge la fascia di età dalla quale meno ci si sarebbe atteso in passato una sensibilità nei confronti della prevenzione delle malattie, quella compresa fra i 18 e 30 anni. Prevenzione che si fa sempre meno su Internet e sempre più dal medico: un intervistato su cinque, infatti, ha dichiarato che si recherà con maggiore frequenza dal dottore.
L'INFLUENZA SUI CONSUMI
Il Covid non sta profondamente cambiando soltanto la nostra percezione nei confronti della salute ma anche influenzando i consumi legati al benessere fisico, come nel caso dei device indossabili, i cosiddetti wearable. La società di consulenza Gartner prevede per il 2021 a livello globale una spesa per l’acquisto di questi dispositivi in crescita del 18,1% su base annua, pari a 81,5 miliardi di dollari (contro i 69 miliardi del 2020). Responsabili di un tale boom sono in particolare gli strumenti capaci di fornire un rapido e facile monitoraggio delle condizioni fisiche, utili nei lunghi periodi di lockdown quando l’accesso ai servizi medici, oberati dall’emergenza, può non essere sufficientemente rapido.
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IL NUOVO CONCETTO DI BENESSERE
Secondo il parere di Luca Florentino, Ceo dell’agenzia di comunicazione Ottosunove ed esperto di neuromarketing, stiamo assistendo a un fenomeno su larga scala e di grande portata. “Il profondo cambiamento imposto dalla pandemia – spiega – ha spinto le persone a dare più peso al benessere personale e a concentrarsi maggiormente su se stesse. Ovviamente un effetto sulla crescente attenzione nei confronti della salute lo ha avuto la congenita e atavica paura della morte, così la risposta più istintiva è stata quella di pensare in primo luogo a mantenersi sani, ispirandosi a una filosofia ben differente rispetto al recente passato. Da una visione edonistica del benessere, tipica di chi vuole essere in forma per essere ammirato, si è passati a una fortemente incentrata sulla prevenzione e sulla cura, nella consapevolezza che più si è sani, maggiori saranno le possibilità di prevenire i rischi connessi all’emergenza sanitaria”.
In questo senso si spiega il boom dei prodotti legati alla salute, compresi gli integratori, con una novità sostanziale: “il rallentamento dei ritmi di vita ha posto l’accento sulla cura del sé non più in termini prestazionali. Allo stesso modo l’esercizio fisico, pur mantenendo la funzione di forte antistress, modifica la tradizionale motivazione legata all’ottenimento di un successo esteriore. Inoltre, si assiste a un altro fenomeno nuovo: lo sport, praticato pre-pandemia in luoghi specifici come le palestre, oggi, dal momento che queste strutture sono chiuse e che il palcoscenico sociale ha ridotto la propria centralità, riscopre gli spazi all’aperto e il fascino dell’allenamento nella natura”.
LA GENERAZIONE Z E IL CAMBIO DI PASSO
L’emergenza ha funzionato come acceleratore di fenomeni già avviati da tempo che coinvolgono soprattutto gli appartenenti alla generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2012). “Notiamo che questa categoria di persone – continua Florentino – si sta allontanando da un modello consumistico di enfatizzazione del successo economico come metro per misurare il valore di una persona. La tendenza a privilegiare il worklife balance, la mindfulness, il contatto con la natura, la sostenibilità, è già scritta nel loro dna. Ma oggi la pandemia ha impresso una fortissima accelerazione nei confronti della consapevolezza che uno sviluppo troppo aggressivo possa avere conseguenze negative per il Pianeta e per chi lo abita. Proprio i giovani sono protagonisti di un cambio di paradigma profondo, che sta coinvolgendo anche le generazioni più adulte”.
LA RISPOSTA DEI BRAND
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Non c’è da stupirsi, quindi, se questo profondo cambiamento di stili di vita e consumi abbia spiazzato le aziende, non solo del settore wellness, spingendone molte a mutare approcci e/o strategie comunicative. “Il tema della rassicurazione del proprio target è infatti balzato al centro delle richieste dei consumatori, per cui i brand, i valori di cui si fanno portavoce e le soluzioni che propongono per migliorare la vita delle persone sono in un certo senso diventati più rilevanti del prodotto stesso, in uno scenario in cui le iniziative di maggior rilievo sono quelle con ricadute benefiche per il Paese, per le categorie più deboli, come gli anziani, o più colpite dal punto di vista economico. Nei momenti in cui le nostre certezze vengono meno, è scientificamente dimostrato che il nostro cervello è più disponibile ad adottare un nuovo punto di vista. E molti brand lo hanno capito, adottando un approccio più human e più vicino alle reali esigenze dei consumatori”.