Quando si parla di educazione finanziaria e di formazione sui temi del risparmio, prima che della più complessa finanza, i problemi principali che emergono sono ancora quelli che emergevano anni fa.
Con un’aggravante: oggi, in un mondo digitalizzato, dove informazioni di tutti i tipi sono alla portata di chiunque, sembra più facile “capire” ma in realtà spesso ci si imbatte in contenuti devianti, estemporanei, superficiali e privi del contraddittorio costante nel tempo con chi “ne sa”, che renderebbe invece più solida ed efficace l’informazione.
I problemi principali sono due:
- L’assenza di continuità nella fornitura di informazioni;
- La mancanza di un vero apprendimento.
DALLA SCUOLA ALLE ISTITUZIONI
A essere carenti sono sia la scuola (per il periodo iniziale di formazione di tutti i cittadini) sia le istituzioni, nel momento in cui, da più adulti, ci si avvicina per necessità ai prodotti finanziari.
Guardiamo alle scuole: l’assenza di questo tipo di studi nei licei parla da sé, mentre negli istituti più tecnici non è che manchino i corsi di educazione finanziaria ma è una materia spesso trattata occasionalmente, non come un corso di studi organizzato e messo a sistema.
Si forniscono un pugno di informazioni a cui poi non viene data profondità né seguito. E per chi lavora poi in età adulta anche a contatto con giovani che hanno l’ambizione di diventare consulenti finanziari (dimostrando dunque un interesse particolare verso certi temi) è facile constatare come manchi proprio quella cultura di base che sarebbe invece necessaria per formare un buon cittadino in generale e un buon consumatore e risparmiatore in particolare.
Ecco dunque che l’assenza di continuità porta a una rarefazione della conoscenza che si traduce in un mancato apprendimento.
IL VALORE DELLA FREQUENZA
E arriviamo così al secondo aspetto: l’apprendimento è dato dalla periodicità e dalla frequenza con cui arrivano e si ripetono le nozioni nel tempo.
Se questo non c’è, il lavoro educativo e formativo si ferma a metà.
In tutto questo a remare contro c’è un uso sbagliato delle infinite opportunità che può offrire la digitalizzazione e che in molti casi viene utilizzata per informarsi in modo rapido e spesso superficiale: si vuole capire qualcosa e la si va a cercare.
Ma chi lo fa, non avendo spesso le basi sufficienti per capire, non riesce ad approfondire e dunque elimina le informazioni rimanendo a un livello di conoscenza superficiale e spesso inadatto a comportarsi in modo adeguato.
IL VALORE DI UN'INFORMAZIONE COSTANTE
Ma è importante osservare il fenomeno anche dall’altra parte, ovvero dal lato di chi deve informare.
E in questo caso, dopo aver capito che la scuola ancora non ha provveduto in modo adeguato a questi bisogni, è però necessario andare a guardare a come operano anche le istituzioni finanziarie e i media che parlano di questi temi.
Se infatti le basi scolastiche mancano, quando si cresce ci si trova a confrontarsi:
- con una stampa anche specializzata che non si dedica in modo strutturato, costante ed efficace a una formazione davvero approfondita;
- con un mondo di consulenti che, nell’ambito di un confronto esplicativo su una strategia di investimento o su un prodotto, spendono molto del loro tempo a fornire informazioni che poi non trovano seguito nel tempo.
Questo porta l’individuo che le ha ricevute a immagazzinarle nella memoria di breve periodo che però dura tra le 6 e le 8 ore. Per cui la maggior parte degli input verrà poi dimenticato.
Dovrebbe invece esserci un rimando continuo a quel tipo di nozioni fornite, in modo da poterle far proprie senza che vengano dimenticate.
IL SALTO IN AVANTI NECESSARIO
Il lavoro fatto negli ultimi 30 anni ha mostrato infatti un’evoluzione dei prodotti finanziari ma non un’evoluzione nelle modalità di informazione e formazione della persona: un passaggio che dovrebbe invece essere obbligato per fare un salto in avanti verso un’educazione e una formazione finanziaria in grado di formare davvero e in modo produttivo le nuove generazioni di consumatori, risparmiatori, investitori.