Partiamo da un dato: l’Italia, pur avendo una elevata ricchezza finanziaria è il paese europeo che guarda più degli altri agli investimenti short term, a breve termine. Lo dimostrano due fattori su tutti:
- l’abbondante liquidità sui conti correnti (1.200 miliardi di euro, +75% negli ultimi 10 anni);
- l’abitudine a investire con una proiezione temporale corta, pari a 4,9 anni, rispetto ai 6,9 della media europea (con picchi di 10 anni per i paesi più virtuosi).
Questo significa che fino a oggi il denaro non è stato impiegato per progetti a lungo periodo, ma è stato lasciato in deposito a scopo cautelativo e di difesa diventando quindi una risorsa non efficiente e penalizzante anche per l’economia del Paese.
IL SEGNO DEL CAMBIAMENTO
Oggi però la sensibilità degli italiani (e non solo) sta cambiando. Lo testimoniano alcune recenti ricerche sociopolitiche: i sondaggi Ipsos dell’inizio del 2019 ci ricordano che fra le priorità degli italiani al primo posto ci sono ormai i fattori di creazione del reddito, lavoro ed economia, per intenderci, ben più centrali oggi dell’immigrazione.
Con un’accezione molto specifica: non si cerca un reddito estemporaneo ma una forma di reddito aggiuntivo sostenibile che consenta una progettualità di gestione del proprio bilancio famigliare e delle esigenze di spesa e di consumi.
Il tema non è solo economico-finanziario, ma socio-politico e abbraccia l’Europa, come dimostrano le istanze dei “Gilets Jaunes” in Francia, oltre al sostegno al reddito di cittadinanza in Italia.
Una recente ricerca sviluppata da Eumetra per Invesco dimostra proprio questo: che il risparmiatore italiano esprime sempre di più una sensibilità verso la necessità di un reddito che consenta di ottimizzare le risorse famigliari per ottenere un vantaggio aggiuntivo.
IL RISPARMIO DAL RISPARMIO
Ecco dunque che l’integrazione del reddito è pensata non più solo per gli over 65 ma anche per una quota della popolazione che manifesta richieste di “accumulazione laterale di risorse” per finanziare progetti della famiglia: un figlio studente “fuorisede”, l’affitto annuale o periodico di una seconda casa, il pagamento di una badante per un genitore.
Sono tante le ipotesi nelle quali una integrazione di reddito potrebbe tornare utile anche a famiglie di buon livello patrimoniale, che per mille buoni motivi potrebbero non essere interessate a disinvestire o vendere beni reali per creare questo surplus di risorse.
Non dimentichiamo che l’antica leadership di creatori di risparmio (quando cioè gli italiani risparmiavano il 15% del reddito ed erano su questo “campioni mondiali” del risparmio) ormai è persa; la quota di risparmio nuovo creato è buona ma non eccezionale (attorno al 9% ci dicono i dati ufficiali), spesso al di sotto delle medie europee. Quindi al risparmio accumulato è affidato anche un altro compito: “creare risparmio dal risparmio”, ovvero incrementare il risparmio, oltre la semplice tesaurizzazione, perché quello già accumulato alimenti ed integri i nuovi flussi.
Questo significa che sarà sempre più necessario un bisogno di consulenza per un utilizzo efficiente delle risorse, in parte perché la capacità di accumulo si sta riducendo, complice la crisi economica, in parte perché con l’allungamento della vita le regole stanno cambiando. Il tema è tanto più attuale quanto più si pensa alla generazione Z (gli attuali ventenni) che si troverà ad ereditare un patrimonio significativo, in parte finanziario ed in buona parte in beni reali, godendo di un reddito sicuramente inferiore rispetto a quello dei padri o dei nonni.