Il magazzino di auto usate presso le concessionarie italiane è aumentato del 3% nel primo trimestre dell’anno. Lo riporta l’Osservatorio Agos sul mercato dell’usato.
Questa in sè sarebbe pure una buona notizia, visto che il grande problema delle concessionarie italiane è la strutturale incapacità a intercettare il prodotto usato. Cosa non sorprendente, visto che operando in regime di concessione devono concentrare le risorse sulla vendita del nuovo, ritirando l’usato solo quando ciò sia funzionale a chiudere una vendita.
Negli ultimi anni le stesse Case mandanti hanno lavorato per far crescere questo business nelle loro reti, che avevano disperato bisogno di profitti per colmare le asfittiche immatricolazioni. Ma la cultura è dura a morire.
AUMENTANO I GIORNI DI GIACENZA
Sarebbe una buona notizia, dicevamo, se non fosse associata ad altri indici meno buoni. A cominciare dai giorni di giacenza, saliti a 75, ben il 9% più della media del 2018. In altre parole, i clienti trovano sì più auto esposte, ma decidono l’acquisto più lentamente.
Per l’esattezza, le vendite proiettano una rotazione del magazzino di 4,9 volte nell’anno, ben al di sotto delle 5,3 dello scorso anno.
Nello stesso periodo, si registra un lieve incremento del prezzo medio, appena sopra un punto percentuale, che in valore assoluto è stato intorno a 100 euro, da 8.218 a 8.335 euro.
Va detto che si tratta di una media tra valori anche molto diversi tra le varie regioni del Paese, che riflettono una domanda fatta non necessariamente dello stesso mix di prodotti, per marca, modello, chilometraggio e anzianità.
È difficile stabilire se questo incremento abbia potuto incidere sui volumi, probabilmente no, mentre è sicuro che non sia riuscito a compensare la perdita di ricavi dovuta alla flessione dei volumi stessi.
PIU' RICAVI
Il quadro che emerge dal primo trimestre proietta su base annua una diminuzione del giro d’affari della concessionaria media superiore al 3%, a cui corrisponde un costo del magazzino che tende ad avvicinarsi al 5% in più dello scorso anno. Se si procedesse su questi parametri, la leva finanziaria per il business delle auto usate sfonderebbe il tetto del 20%, come non accadeva dagli anni della crisi (ricordiamo che nel 2014 si era attestata al 22,7%).
Durante la ripresa questa attività ha visto un incremento dei ricavi intorno al 50%, accompagnati però da una gestione dello stock particolarmente attenta, al punto che le macchine restavano in giacenza 68 giorni, contro gli 83 di due anni prima, consentendo di girare le scorte ben 5,4 volte nell’anno – una in più rispetto al 2014.
COSA È CAMBIATO NELLA GESTIONE DELL'USATO
Anche lo scorso anno, a fronte di un raffreddamento delle vendite, i concessionari erano stati efficaci nel tenere sotto controllo lo stock e il suo peso sul bilancio, con un rapporto stock/ricavi a meno di 19 punti percentuali.
Perché allora nel primo trimestre hanno allentato questa sana gestione? Una possibile spiegazione è che potevano farlo, ossia avevano uno spazio finanziario di manovra. Tale capacità sarebbe legata alla minore pressione esercitata da alcuni costruttori di volume sui km0, che dunque avrebbe liberato per molti operatori quel credito bancario che poi hanno destinato ad aumentare lo stock di usato.