Garantire modelli sostenibili di consumo è uno dei 17 obiettivi che l’Agenda 2030, sottoscritta da tutti i Paesi membri dell’Onu, si è prefissata per una salvaguardia complessiva delle persone e del pianeta. Ne parla anche il Manifesto della Sostenibilità consumeristica redatto e sottoscritto dai soci di Consumers’ Forum, dove si sottolinea l’importanza di formare un “consumatore informato e consapevole”. Questo concetto è indissolubilmente legato a due aspetti fondamentali: la lotta alla povertà e alla diseguaglianza, necessarie da combattere prima di parlare di qualsivoglia tipo di atteggiamento nei confronti dei consumi.
Consumare “consapevolmente” comporta infatti mediamente una spesa maggiore per chi lo fa. E questo trova tutti i suoi limiti in un Paese come l’Italia dove ci sono 4,7 milioni di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà, 2 milioni di giovani che non studiano e non lavorano, il 5% delle famiglie più abbienti che detiene la stessa ricchezza del 75% delle famiglie non abbienti, il 18% delle case esistenti abusive.
Questi numeri aiutano a capire come in Italia ci sia ancora moltissimo da fare. Se manca una politica economica che tenga conto delle diseguaglianze e cerchi di limitarle, sarà difficile anche sostenere il consumo critico, che vuol dire che il consumatore deve, all’atto dell’acquisto, considerare almeno questi aspetti:
- il prodotto che acquista deve essere realizzato rispettando l’ambiente, un’evidenza che l’etichetta deve presentare in modo chiaro.
- il prodotto deve rispettare il lavoro e i diritti dei lavoratori. Acquistare a prezzi troppo bassi spesso significa comprare beni prodotti senza che tali diritti siano rispettati.
- il prodotto deve rispettare i requisiti di salute delle persone.
- l’atto di acquisto deve essere rivolto a evitare gli sprechi con grande attenzione alle scadenze dei prodotti.
Tutto questo è possibile se il cittadino è in grado di poter scegliere. Ed è ben disposto anche a pagare di più a patto che si trovi nelle condizioni economiche per farlo e che sia consapevole della differenza.
In questo senso sarebbero necessarie, da parte delle aziende private ma soprattutto da parte del Governo, delle campagne che spieghino ai cittadini cosa significa consumo sostenibile, come ridurre gli sprechi, – risparmiare acqua, energia, imballaggi. Una forma di educazione che trasformi i diversi elementi che compongono la sostenibilità di un acquisto in una cultura della sostenibilità con regole, obiettivi e comportamenti comuni.
Le aziende hanno iniziato a fare la loro parte, anche perché hanno compreso che il ritorno non è solo di immagine ma anche di profitto: investire in prodotti “sostenibili” in grado di attirare il consumatore più responsabile, fa bene al pianeta, alla salute delle persone, ma anche al business.
C’è quindi un aspetto economico che oggi si unisce a uno culturale. Servono comunque entrambi. È necessario raggiungere una maturità culturale per capire l’importanza della sostenibilità, poi è necessario anche potersela permettere.
Abbattere le diseguaglianze è dunque fondamentale, che siano economiche, informative o tecnologiche. Il gap digitale può creare ampie asimmetrie dal punto di vista informativo, di sicurezza e di gestione dei dati personali. Solo con una distribuzione più equa della ricchezza si può pensare di rendere il consumo consapevole una scelta democratica, potenziandone gli evidenti effetti positivi per il pianeta e il futuro dell’umanità.