C’è un episodio nella serie Black Mirror prodotta da Netflix in cui la paura che i social media possano prendere il controllo della nostra vita prende forma sullo schermo.
Le piattaforme come Facebook e Instagram non sono più luoghi innocui dove si collezionano like e si cercano connessioni sociali digitali. I social media sono diventati grandi teatri dove la vita di chi accetta di entrare nel circolo sociale digitale va in scena mettendo a nudo abitudini e interessi, emozioni e intenzioni, e tutto diventa parte di un grande archivio di Big data ricco di informazioni che hanno un enorme valore economico e possono essere usate in modo utilitaristico.
SOCIAL MEDIA E UTILITARISMO
Gli sceneggiatori di Black Mirror sembrano esersi ispirati alle teorie del filosofo Jeremy Bentham che per primo nel 1700 aveva esposto il concetto di utilitarismo come un modo inoffensivo di organizzare le persone per il loro bene.
I social media rispecchiano la teoria di Bentham, apparentemente innocui fino a quando il loro utilizzo supera il confine del rendere felici gli altri con un like.
I social media sono già largamente utilizzati per spiare i consumatori e sviluppare piattaforme per mantenere alta la loro attenzione sfruttando le emozioni negative, come la rabbia.
Si chiama capitalismo di sorveglianza, potenziato dai Big Data, e può essere sfruttato per limitare la privacy, oltre a generare una distopia del credito sociale.
COME FUNZIONA IL CAPITALISMO DI SORVEGLIANZA IN CINA
Il modello di social media top-down è già realtà sotto forma di blockchain, un database distribuito e immutabile condiviso da tutte le parti in causa.
La blockchain non è altro che una tecnologia che consente alle persone che non si conoscono di fidarsi di un sistema condiviso di eventi, immagazzinando le informazioni in un database.
Basta far transitare questi dati su una piattaforma e il gioco è fatto. Questo futuro digitale è già presente per oltre 1,4 miliardi di cittadini cinesi: il governo cinese ha messo insieme i sistemi di rating grazie ai quali le piattaforme online ottengono feedback sui fornitori e sull’affidabilità dei clienti, trasformandoli in un programma di crediti sociali per schedare i cittadini.
Questo meccanismo di sofisticata blockchain è alla base del Social Credit system che la Cina ha costruito nel 2014 per monitorare i comportamenti dei propri cittadini.
Si tratta di un sistema di maxi-sorveglianza che valuta l’affidabilità dei cinesi nei loro comportamenti di consumo, con l’obiettivo di premiare o punire la condotta.
REPUTAZIONE SOTTO LA LENTE
Il sistema è ancora in fase di sperimentazione ma entrerà in vigore per tutti i cinesi nel 2020 ed è basato su un punteggio di credito individuale (credit score) che deriva dall’analisi dei Big Data, valutando la reputazione degli individui che acquistano, condividono e vivono in maniera digitale.
Per fare qualche esempio, vengono puniti i cittadini che non rispettano le scadenze delle tasse, che pagano in ritardo l’assicurazione, che occupano il posto sbagliato in treno oppure salgono senza biglietto, ma anche coloro che portano a passeggio i cani senza guinzaglio.
Se l’algoritmo ritiene il cittadino cinese affidabile sono previsti premi e sconti per gli acquisti, mentre se è inaffidabile viene limitata la capacità di acquisto.
Alibaba e la App di pagamenti Alipay insieme con WeChat e Tencent, ma anche i principali aeroporti cinesi, sono i principali fornitori del Governo dei Big data sui cittadini.
L’anno scorso, per esempio, 23 milioni di persone in Cina non hanno potuto comprare biglietti aerei e del treno perché avevano un basso “punteggio social” a causa del loro comportamento, giudicato inopportuno.
IL CONTROLLO SOCIALE
Per il momento l’adesione al programma è volontaria, ma le ricompense hanno convinto milioni di cittadini ad aderire e il credit score cinese sta decollando, tanto che l’Occidente si interroga se un modello simile possa essere presto replicato anche qui.
Ma un conto è immaginare un sistema facoltativo, applicato con il consenso dei singoli a un servizio privato non essenziale come un e-commerce, da cui ci si può sempre cancellare, altra cosa è istituire un programma obbligatorio, promosso dallo Stato.
Quello cinese è, di fatto, un meccanismo di controllo sociale, che difficilmente potrebbe prendere piede in Occidente. Perché c’è una bella differenza fra la popolarità a colpi di like sui social network e una schedatura che poi impedisce ai cittadini “asocial” di accedere ai servizi.